Angelo Crescenzo ha ritrovato le giuste motivazioni dopo la medaglia d’oro di due settimane fa nella tappa di Dubai della Premier League di karate. A Salisburgo il karateka di Sarno ha dato vita a un altro show. Sul tatami austriaco, nella terzultima tappa del circuito di qualificazione all’Olimpiade di Tokyo, l’atleta dell’Agro ha conquistato l’accesso alla finalissima per la conquista del metallo più prezioso.
Quattro vittorie in altrettanti incontri per Crescenzo, che ha subito 2 soli punti dagli avversari nel percorso verso la finale. Nel primo match ha battuto per 2-0 il lettone Kalvis Kalnis; ancor più nette le affermazioni successive contro il macedone Fahik Veseli (4-0), il russo Evgeny Plakhutin (4-1) e il turco Eray Samdan (5-1). Quest’ultimo aveva battuto l’altro italiano Danilo Greco (Gruppo Sportivo Esercito) nell’ultimo round delle eliminatorie.
Angelo Crescenzo, un altro gioiello targato Shirai Club San Valentino Torio
Il karateka di Sarno, “svezzato” nel pluridecorato Shirai Club San Valentino Torio del maestro Antonio Califano, attenderà in finale il macedone Emil Pavlov, che ha eliminato in semifinale il kazako Darkhan Assadilov, numero 1 del ranking di qualificazione a Tokyo 2020.
Il sodalizio sportivo di San Valentino arricchisce dunque una già scintillante bacheca, dopo aver conquistato cinque giorni fa, a Ostia, il titolo di Campione d’Italia Juniores per società. Nella kermesse tenutasi al Centro Olimpico, tra i 550 atleti provenienti da tutta Italia, il club dell’Agro ne ha visti 4 sul podio:
- Christian Sabatino 55kg – medaglia d’oro
- Daniele De Vivo 75kg – medaglia d’oro
- Anna Pia Desiderio 66kg – medaglia d’argento
- Michele Montuoro 61kg – medaglia di bronzo
Accanto ai medagliati, con il settimo posto nella categoria 68kg Ferdinando Fumo ha contribuito alla conquista del titolo tricolore da parte dello Shirai Club di San Valentino Torio. L’ennesimo trionfo per l’associazione sportiva guidata dal maestro Antonio Califano, che lo scorso 8 febbraio ha pure festeggiato l’argento Europeo a Budapest, grazie al “fratello d’arte” Daniele De Vivo.